In memoria d’Ofelia d’Alba
Da voi, pensosi innanzi tempo,
troppo presto
tutta la luce vana fu bevuta,
begli occhi sazi nelle chiuse palpebre
ormai prive di peso,
e in voi immortali
le cose che tra dubbi prematuri
seguiste ardendo del loro mutare,
cercano pace,
e a fondo in breve del vostro silenzio
si fermeranno,
cose consumate:
emblemi eterni, nomi,
evocazioni pure ..
Una poesia d’Ungaretti, tratta da il Sentimento del Tempo, che continua a risuonarmi nella mente, ricordandomi la futilità delle cose a cui ci aggrappiamo ogni giorno. Forse dipende dalle notizie che ricevo, oppure dalla lettura, feroce e accanita, del Cigno Nero di Nassim Nicholas Taleb.
Libro che è una lezione di umiltà, in cui si demolisce con rigore tutta la nostra presunzione di conoscere e progettare il futuro. Che dalla conoscenza del Passato, si possano trarre previsioni su cosa accadrà, è pia illusione, il frutto del nostro desiderio di certezze, per avere continuità nella nostra vita.
Il dominio dell’imponderabile, l’essere vittime del caso, ci deve indurre alla disperazione, a sentirci naufraghi persi in un oceano tempestoso? Forse. O forse no. Io non mi sento un naufrago, ma un esploratore: che dietro l’Orizzonte vi sia l’ignoto, non è occasione di disperazione, ma di speranza. Avere la possibilità di potermi stupire ancora, di potermi rimettere in discussione e di vivere ogni momento con intensità, non dandolo mai per scontato.
Dovremmo dare più importanza ai libri non letti che a quelli annotati, aprirci all’improbabile, piuttosto che imprigionarci nelle convenzioni. E per far questo, dovremmo avere la saggezza di non attaccarsi alle cose, alla fine di loro non rimangono che nomi, e di considerare le persone che amiamo né come nostri schiavi, né come nostri padroni. Sono i nostri compagni di viaggio, con cui condividiamo quella meravigliosa avventura che consiste nell’intervallo tra lo svegliarsi ogni mattina e addormentarsi ogni notte.
Leggerezza è libertà. E l’Uomo è destinato a essere libero, non solo in termini politici, ma dagli istinti distruttivi e da tutto ciò che distorce la nostra capacità di amare e di essere amati.
E forse questo è il messaggio contenuto nella nuova mostra della The Room Gallery, GEOMETRY OF IDEAS a cui partecipano l’artista IRA GUMENCHUK e gli architetti SHAY ZABARI, DONATELLO CHIARELLO, KEVIN PINEDA.
A prima vista un ossimoro. Cosa c’è di più impalpabile e cangiante di un’idea? Come può essere imprigionata nelle forme fisse e stabili di Platone ed Euclide?
Forse, però, la vera geometria non in cui ci imprigioniamo il pensiero, con regole fisse e immutabili, con l’alibi del
“Nessuno ha mai fatto così prima”.
Ma quella che ci costruiamo ogni giorno, esplorando la vita. Non una mappa, ma un quadro a cui ogni istante aggiungiamo una pennellata di colore.
Un’entità mercuriale, ad immagine e somiglianza dell’installazione di Ira, quasi la realizzazione scultorea di una stampa di Escher.
Dalla terra, sorgono infinite gru di carta, leggere e fragili, ma capaci di volare verso l’infinito, le cui traiettorie posso cambiare al minimo soffio di vento, ma che testardaggine e determinazione, continuano a puntare al sogno…
Cose che rappresenta di meglio noi uomini?
13/04/2012
Alessio Brugnoli
brugnolialessio@gmail.com