La Grande Bellezza
In queste ore, si stanno moltiplicando sia gli elogi sperticati, sia le stroncature gratuite. Essendo da italiano fiero del successo e abitando Sorrentino a un tiro di schioppo da casa mia, per evitare di trovarmelo davanti alla porta con un nodoso bastone, eviterò di dedicarmi sia
Al servo encomio e al codardo oltraggio per cercare di riflettere sulla natura del suo film. Se dovessi definire La Grande Bellezza, utilizzerei l'aggettivo Neoclassico.
Ciò implica un film costruito per piacere a un certo tipo di pubblico, scelto a priori, una forte valenza estetica, Sorrentino ha la capacità di ridefinire le icone, a volte logorate dall'abitudine, della Città Eterna, una componente citazionista e soprattutto quell'ironica malinconia decadente, tipica del Post Moderno.
L'età dell'oro di Roma è ormai conclusa: come per Jep Gambardella, tutte le grandi occasioni sono state perdute e non resta che sopravvivere, con un sorriso amaro sulle labbra. E la speranza di cambiare, di sfuggire al Nulla e alla Noia, è sempre messa in forse dalla pigrizia e della sicurezza dell'abitudine.
E in questo Sorrentino ha ben compreso la dimensione tragica dell'Urbe: la paura della Redenzione, di abbandonare i rassicuranti vizi, che si coccolano e si giustificano, per affrontare la sfida del Nuovo. E' il peso della Storia, del disincanto di aver visto nei secoli tutto e il contrario di tutto.
La Grande Bellezza, da questo punto di vista, è un ritratto fedele, conosco troppe persone, compreso il buon Herbeff, che non sfigurerebbero nelle scene del film.
La questione è che come ogni ritratto, questa è parziale, poiché pone al di là del Tempo un singolo istante, rendendolo eterno.
Roma è la Grande Bellezza, ma è anche molto di più, perché non è una città neoclassica, ma Barocca, capace di comprendere ed esaltare, portandole all'eccesso, tutte le contraddizioni dell'Essere.
Roma è bellezza, ma anche la folle e incomprensibile bruttezza di tante periferie. E' la polvere del Passato, ma anche il fervore caotico che scuote artisti e scrittori, spesso poco compreso da un sistema ingessato. E' pietas, superstizione, anticlericalismo, sensualità, gioco, ossessione per la morte, orgoglio, sciatteria, povertà, sbruffonaggine, inaspettato eroismo, peso di vivere e la testardaggine di andare avanti, nonostante se stessi, il Fato e l'incomprensione di chi ti sta accanto.
Perché Roma è il Mondo e il Mondo è Roma. Per questo molti la amano, perché si sentono compresi nella loro forza e nella loro debolezza, e molti la odiano, perché non hanno la forza di guardarsi allo specchio e di riflettere su stessi.
Auguro, questo sì, a Sorrentino di vincere un altro Oscar, con un nuovo capolavoro che esca fuori dalle terrazze e dai circoli intellettuali, per respirare a pieni polmoni la vita e rendere con pienezza la complessità di questa città, che nelle sue immagini, ha mostrato di amare, ma non di comprendere totalmente.
20/03/2014
Alessio Brugnoli
brugnolialessio@gmail.com